Melchor Cano, un teologo dimenticato

Melchor Cano, teologo spagnolo dell’ordine domenicano, nacque a Tarancòn nel 1505. 
Insegnante nell’ Università di Salamanca, ha scritto un’opera di capitale importanza per quanto concerne la metodologia teologica, pubblicata postuma nel 1562 e intitolata Libri XII de locis theologicis (giunti a noi purtroppo incompleti), nei quali ha operato una classificazione magistrale delle fonti della teologia, chiarendo per ciascuna di essa il rispettivo valore. 
Morì a Madridejos (Toledo) il 30 Settembre del 1560.



Egli individua dieci fonti della rivelazione (o luoghi teologici), e le classifica in questo modo: Scrittura, tradizione, chiesa, concili, papi, santi padri, teologi, ragione umana, filosofia e storia.
I primi sette sono detti propri, gli ultimi tre impropri. Fondamentali sono solo i primi due: Scrittura e tradizione. Dunque gli altri svolgono soltanto una funzione esplicativa.«Così noi consegniamo in dieci il numero dei luoghi teologici, dando conto del fatto che ci sono alcuni che riducono il loro numero e altri lo ampliano».

1) Sacra Scrittura: è il locus princeps. L’ispirazione è la garanzia più sicura dell’inerranza della Scrittura anche nelle singole parti e dottrine. «Il primo luogo è l'autorità della Sacra Scrittura che contiene i libri canonici».

2) Tradizione: la motiva affermando che talune verità nella Scrittura sono poco chiare o altre addirittura non vi sono proprio contenute. Inoltre, secondo lui, la parola viva sarebbe superiore a quella scritta. «Il secondo è l'autorità della tradizione di Cristo e degli Apostoli le quali anche se non furono scritte sono arrivate fino a noi come da udito a udito, in modo che con tutta verità si possono chiamare come oracoli di viva voce».


3) Chiesa: l’autorità della Chiesa cattolica poggia sulla sua immunità da errore in questioni di fede. Essa va dimostrata sulla base della universalità di un dogma. «Il terzo è l'autorità della Chiesa cattolica [intendendo con essa la "Grande Chiesa" fino allo scisma d'oriente]».

4) Concili: l’autorità dei concili dipende dall’approvazione papale. Soltanto concili ecumenici muniti di tale approvazione insegnano in maniera infallibile. «Il quarto è l'autorità dei Concili, in modo speciale i Concili Generali, nei quali risiede l'autorità della Chiesa cattolica».

5) Papa: l’autorità del papa viene dimostrata collegandola con il primato di Pietro, di cui il romano pontefice è il legittimo successore. Come persona privata anche il papa è passibile di errore. In materia di dottrina e di morale, in virtù della assistenza divina, le sue definizioni hanno carattere infallibile, quando le impone in maniera formale alla Chiesa Universale. «Il quinto è l'autorità della Chiesa romana, che per privilegio divino è e si chiama apostolica».

6) Padri della Chiesa: essi possono produrre, in questioni di fede, solo una probabilità di retta analisi. Una concorde interpretazione della Scrittura e una dottrina unanime in materia di fede, rendono invece concludente la prova dei Padri. «Il sesto è l'autorità dei santi padri».

7) Teologi: l’unanimità generale dei teologi in una questione importante rende sospetta la dottrina contraria. Una opinione unitaria in dottrine riguardanti la fede e la morale ha titoli di validità. «Il settimo è l'autorità dei teologi scolastici, ai quali possiamo aggiungere i canonisti (periti in diritto pontificio), tanto che la dottrina di questo diritto la si considera quasi come altra parte della teologia scolastica».

8) Sana ragione (intelligenza naturale): riconosce valide soltanto cognizioni sicure e universalmente accettate. «L'ottavo è la ragione naturale, molto conosciuta in tutte le scienze che si studiano attraverso la luce naturale».

9) Filosofi: una loro opinione concorde è considerata una cognizione sicura. «Il nono è l'autorità dei filosofi che seguono come guida la natura. Tra questi senza dubbio si trovano i Giuristi (giureconsulti dell'autorità civile), i quali professano anche la vera filosofia (come dice il Giureconsulto)».

10) Storia: ammette ciò che è stato confermato da testi degni di fede e che secondo il criterio della prudenza può essere ritenuto vero, tanto più se i testi concordano e incontrano il riconoscimento della Chiesa. «Il decimo e ultimo è l'autorità della storia umana, tanto quella scritta dagli autori degni di credito, come quella trasmessa di generazione in generazione, non superstiziosamente o come racconti da vecchiette, ma in modo serio e coerente».

Nell’elaborazione della dottrina di questi loci teologici, si è riallacciato anche a Cicerone e alla sua "tecnica dei loci", la cui topica aiuta l’oratore a esporre in maniera chiara e dimostrativa il suo discorso.


Nessun commento:

Posta un commento

Cosa ne pensi?